Balls of steel,

Continuo a non capire.
Si fa per dire.
Dopo tutti salassi sociali imposti dalle politiche di austerità in omaggio all’algoritmo teutonico di Maastricht , i famigerati numeretti del 3% e del 60%, la situazione economica peggiora.

In Italia la disoccupazione raggiunge il suo record storico dal 1970 del secolo scorso e ben il 15,8% della popolazione versa in condizioni di povertà relativa e la metà di questa in condizioni di povertà assoluta, il debito pubblico intanto raggiunge e supera la soglia psicologica (?) del 130% sul PIL.

A dimostrazione che la ricetta dell’austerità è semplicemente folle anche nella media dell’eurozona il rapporto tra debito e Pil passa dal 90,6% della fine del 2012 al 92,2% del primo trimestre del 2013 (dati Eurostat).
La pressione fiscale in Italia si mantiene a livelli semplicemente intollerabili , per chi le tasse le paga o è comunque obbligato a pagarle in automatico, alla fonte.

La deindustrializzazione ha raggiunto ormai la soglia del non ritorno per la felicità dei vari Farinetti che inneggiano ad un’Italia agro-turistico-alimentare ,(vino libero e varie gozzoviglie e affascinanti amenità) o dei Della Valle che propugnano un made in Italy nel quale campeggia il Colosseo simbolo della tradizione imperiale /potenza/ cultura/intraprendenza delle italiche genti arrivando così a risolvere, felicemente e per la gioia di tutti, l’antico dilemma tra burro e cannoni.

Un Italia che opta per il burro, come nell’Ultimo tango a Parigi, proprio mentre il presidente del consiglio si definisce un “uomo con gli attributi” che solo per idiomatica traduzione ( dice lui) è scambiato per un tipo “balls of steel”.

Sia come sia non fa poi molta differenza.

Chi così definisce evidentemente autodenuncia un deficit, per così dire: strutturale.

E buon per noi : paese sub specie Farinetti/Della Valle che opta per il burro pur senza disdegnare una robusta dotazione di F35 che risalgono al proto industrialismo di guerra mentre gli USA in un solo decennio hanno aumentato la loro dotazione di Droni da poco più di un centinaio a ben settemila.(7000).

Vabbè , le riserve del buon vecchio acciaio qualcuno le dovrà pur smaltire. Dopo averle comprate a caro prezzo beninteso.

Restiamo pur sempre, in tendenza , burrosi e dunque pericolosamente esposti.

Ma l’uomo con gli attributi, per la serie televisiva “Ci pensa Rocco”, ci tranquillizza : “agganceremo la ripresa alla fine del 2014”.

E qui, seriosamente, m’incazzo.

Ho iniziato sto’ misero blog nel 2009 epoca in cui preso dallo sconforto “democratico”mi autopensionai per la felicità dei più, liberi ormai di farsi finalmente largo passando velocemente ,senza autocratiche verifiche, dalle file dell’ultimo alle prime del partito nuovo e finalmente “democratico”.

Ebbene da allora ogni anno che il buon Dio manda in terra c’è una testa di c…. che c’avverte che alla fine dell’anno prossimo ci agganceremo.

Ma dove? A che cosa?

E qui la questione è davvero seria perché non c’è (o non ci dovrebbe essere) remissione dei peccati a chi è troppo furbo , a chi mente sapendo di mentire senza fare assolutamente nulla di benchè minimamente concreto per reagire alla triste contingenza attuale.

Ma tu cosa faresti?

Le sento già le prefiche del partito nuovo e democratico con tutto il loro carico di costruttivismo da caserma.

Beh .

Semplice: balls of steel, cari compagni, pardon amici, pardon democratici.

Siamo un paese fondatore dell’Unione, con 65 milioni di abitanti e con una ricchezza nazionale ancora (anche procapite) assai rilevante.

Non possiamo fare a meno dell’UE, checché ne dica Grillo e qualcun altro da sinistra e dall’estrema destra.

Ma solo un emerito cretino può non sapere che l’Europa senza di noi semplicemente cessa d’esistere.

Ergo decidiamo unilateralmente(molti altri l’hanno già fatto) di andare oltre il famoso 3% del Pil, denunciando così, de facto, il banditesco patto del fiscal compact e puntiamo in cinque anni ad accrescere di molto il denominatore (Pil) tramite un piano nazionale d’investimenti opportunamente calibrato su tre , quattro settori dell’economia reale.

In questo modo abbattiamo il debito pubblico nell’unico modo possibile: tramite la crescita.
Altro che 4 miseri miliardi da recuperare tramite la svendita di pubblici beni! Altro che la querelle merdosa e infingarda sull’IMU risolta tramite un cambio di acronimo!

In altre parole ci dotiamo di un disegno/progetto generale per la crescita nelle condizione date, con un’ Europa dell’austerità che ha già fallito.

Reagiamo alla crescita esponenziale del debito invece che inseguirla invano , anno dopo anno.
E così apriamo la strada anche ad una verifica puntuale dello stock del debito , parte del quale andrà mutualizzato a lunga scadenza.
Insomma apriamo , nei fatti, un confronto su altre e nuove basi.
Sarà giovevole all’Europa intera oltre che a noi.
E non pochi ci seguiranno su questa strada.

A questo punto però davvero : cercasi balls of steel.

23 Risposte to “Balls of steel,”

  1. Giovanni Says:

    Un 29enne si è inchiodato le palle davanti al mausoleo di Lenin, come metafora dell’apatia e dell’indifferenza politica
    Altro che le palle di Letta

  2. Milli Says:

    Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare

  3. Remo Tedeschi Says:

    Si può arrivare a una sintesi del genere, dopo la valanga di scandali
    politici a tutti i livelli, il mondo politico è un contenitore occupazionale per, non so ,un milone di addetti?
    il primo punto ,prioritario per il pd, al congresso è questo, come riavere una funzione sociale utile, alla gente, finirla con il bengodi personale, tutto qui, semplice.
    Alemanno, Prato in mano alla mafia cinese, madri che piangono la riduzione di fondi per figli handicappati, dir.atac che quadagnano il doppio di Obama, ieri con Formigli ,Grillo + 3% , e dirò che è inevitabile pensarla così, se il problema del maggior partito a sinistra sono le primarie

  4. Milli Says:

    Remo, tu sei in un circolo (mio dio questa parola mi fa venire l’orticaria) del Pd. Bene,fai un’ assemblea, presenta un documento in cui sostieni che le primarie sono una vera cavolata e che sarebbe meglio fare un congresso serio su pochi punti programmatici e che le primarie sono roba per gonzi, raccogli le firme delle persone per bene che senz’altro ci saranno in codesto luogo, chiedi sulla rete il sostegno di altri circoli sparsi per l’Italia,invia la lettera ad Epifani e a tutti i giornali e vedi cosa succede. Niente? Almeno ci avrai provato. Il mio sostegno è virtuale ma sincero. Sono pronta a condividere questa iniziativa e farla girare. Ciao

  5. Antonella Cardone Says:

    L’ha ribloggato su Blog_LaboratorioPoliticaBologna.

  6. Giovanni Says:

    Caro Mauro,passando dalle facezie alle cose serie,devo constatare con soddisfazione che anche tu sei arrivato alla conclusione che l’Italia non può fare a meno dell’Europa,come l’Europa non può fare a meno dell’Italia e che perciò l’argomento propoagandistico dell’uscita dell’Italia dall’euro può essere utilizzato soltanto per rompere la “gabbia del 3%”
    Occorrono sicuramente a breve investimenti in conto capitale che evitino l’ulteriore avvitamento della spirale recessiva che sta conducendo l’Italia alla distruzione del suo tessuto produttivo,con la conseguente perdita di posti di lavoro e di reddito spendibile da parte delle famiglie.
    Tuttavia a me pare che tu sottovaluti l’altro corno del problema.E cioe’ l’enorme distruzione di ricchezza nazionale che da oltre 30 si invera con una spesa improduttiva dello stato che assorbe nel suo complesso il 51% del Pil
    Dove finiscono tutte queste risorse?
    Certamente parte serve per la scuola,per la sanita e per la previdenza .Ma una parte significativa viene trasferita al “funzionamento” di uno stato nelle sue piu articolate e variegate articolazioni,disfunzionali
    E’ di questi giorni la notizia che la corte costituzionale italiana costa 3 volte quella americana(io dico 5 volte ,se si considera che da noi i giudici sono 15 anzichè 9).Cosi é di questi giorni la notizia di una truffa di 70 milioni presso l’Atac di Roma.O ancora delle ruberie messe a segno dai politici eletti in varie istituzioni.Nelle aziende “privatizzate”(Banche,assicurazioni e partecipate pubbliche)accade anche di peggio
    Per fartela breve con questo stato di cose,lo sforamento del 3% non ci porta lontano,né ci rende credibili agli occhi degli altri europei.
    La pulizia della spesa pubblica allargata non puo che avvenire oggi,prima ancora di immettere risorse fresce nel “sistema”
    In conclusione non possiamo sforare per alimentare le ruberie di “sistema”

  7. Remo Tedeschi Says:

    Milli, rispondo , come in un film con H.Bogarth………è troppo tardi

  8. claudiopagani Says:

    Che fai ,Remo, ti arrendi?

  9. Remo Tedeschi Says:

    mah……..dopo le tessere e i Monari, e i Veltroni che non vedevano qualcuno che si fotteva 70milioni euro/anno,(assieme al genero di Rauti) e la disperazione di tanta gente, ai quali rispondiamo con discussioni sulle primarie….., come si dice ? …da ammazzare un cavallo,

  10. claudiopagani Says:

    Benissimo, io sottoscrivo il “programma di governo” indicato ,per la parte economica, da Mauro e integrato OTTIMAMENTE da Giovanni per ciò che concerne la spesa pubblica improduttiva che è il vero cancro del Sistema ; sono totalmente d’accordo che non possiamo chiedere di sforare il 3% finchè non abbiamo aggredito questo problema che ,non sara un caso , nessun governo nè di Destra ,nè di centro-sinistra ha mai davvero seriamente affrontato ; ora se è evidente che la Destra e il sindacato Cisl hanno sempre avuto un forte radicamento nel pubblico impiego e quindi non potevano farlo è altrettanto evidente che il Centro -Sinistra, guidato da Prodi per il 75% del suo tempo di governo, non VOLEVA farlo perchè Prodi vero “boiardo di stato”( secondo la definizione di Scalfari visto che è stato 8 anni PRESIDENTE dell’Iri) non poteva permettersi di entrare in conflitto con i suoi simili ,della serie cane non mangia cane, e quindi il Centro -sinistra di governo è stato SEMPRE inadempiente rispetto ad un vero “profilo riformista” che avrebbe dovuto significare ; DRASTICO dimagrimento della burocrazia statale e locale , a favore della spesa pubblica produttiva e cioè grandi investimenti ,anche pubblici , di cui giustamente scrive Mauro Zani . Anzi questa è stata LA VERA GRANDE SCONFITTA del C.S. di governo che ,sotto la guida prevalente di Prodi, si è ridotto a essere un semplice gestore dell’esistente e di uno stato pletorico con una burocrazia agli alti livelli “fascistoide” e ,comunque , drammaticamente , conservatrice ; proprio questa modalita di governo ha portato sempre + il partito della sinistra ad assomigliare ,per base sociale e mentalita , alla vecchia DC, per cui alla fine il PD era inevitabile: e’ per questo( e non per motivi di antipatia) che io considero l’abbraccio con Prodi come il BACIO DELLA MORTE per un PDS gia per conto suo debolmemte di sinistra…perchè ha segnato il congiungersi della mentalita “statalista” da sempre della DC ( in particolare la sua componente “di sinistra”) con la mentalita “statalista burocratica” di tante parte del popolo ex -comunista che ,in questo ha fallito, nel non congiungersi subito , nel 1989 con una “nuova mentalita di sinistra” e cioè quella dei socialisti europei ,in particolare quelli del nord-europa. Nesuno dei dirigenti principali del PDS ha colto questo “pericolo mortale” se non , al’inizio, MDA che infatti si lamentava da subito , nel maggio 1996, del burocrate Prodi “…che non ci farà fare nessuna riforma per il popolo., se non quelle dei suoi amici banchieri” di Milano e Bruxelles…” E tuttavia MDA si è mosso in solitudine senza cercare davvero di “convincere” il suo partito che ,in quel momento, dominava;io sono fermamente convinto che non sarebbe cambiato l’esito perche , Prodi ( in rappresentanza dei poteri forti italiani ed Europei ,prevalentemente tedeschi) era troppo + forte e ,di +, i grandi dirigenti del PDS ( con la sola esclusione di Zani) volevano fermamente solo fare i ministri ed impadronirsi del sottogverno e non gliene fregava un ca… delle “riforme per il popolo..” E ,tuttavia, MDA un tentativo di “spiegare ” la situazione al suo partito doveva farlo.
    Comunque grazie Giovanni per avere affrontato il PROBLEMA dei PROBLEMI. in un prossimo post vorrei cercare di mettere giu 2 o 3 cose a livello di politica internazionale.

  11. mauro zani Says:

    Cari ragazzi, ma certo che per andare nella direzione da me genericamente indicata bisogna prima avere le carte in regola. Lo considero scontato. M’interessa l’obiettivo principale: le folli politiche di austerità. E’ sempre bene tuttavia ricordare che dopo aver tagliato tutto il tagliabile senza intraprendere una strada di finanziamento robusto dell’economia, nel pubblico e nel privato, si rimane con le pezze al culo. Insomma prevale sempre in me l’idea che il rapporto debito PIL si può affrontare con successo solo agendo vigorosamente sul denominatore. Per farlo bisogna comunque rompere lo schema , attaccare frontalmente , anche se con giudizio e razionalità e per passi successivi, il tabù di Maastricht concesso da Mitterand alla Germania.

  12. Gianni Says:

    Mauro ma ti rendi conto che proponi una mezza rivoluzione?
    E chi ha le palle per portarla avanti?
    Qui ci son solo “mezze calzette” in giro appoggiati più o meno dal ventre molle del PD e “dall’apparato” (ma vé mi è uscita l’espressione tipica che 30anni fà dicevo della corrente dorotea della DC che vinceva i congressi! Chissa perché?)!
    Qualcuno mi viene a dire che oggi cè più trasparenza?
    Che le cose che si facevano nei corridoi ora si fanno in piazza? Magari mediatica?
    Beh vogliamo confrontare la “classe dirigente” degli anni di 30-40 anni fà con quella odierna? Renzi? Cuperlo? ma per favore………… Civati rimane l’unico che consiglio di votare alle primarie PD , grande blogger e che dice verità “nascoste” che l’apparatniK non digerisce e crea un pò di scompiglio!
    Peccato Remo, sarà quello che decreterà il successo di Renzi prendendo voti a Cuperlo (che non nè ha colpa, diciamocelo)!
    @Remo come ora è troppo tardi per organizzare la controffensiva che dice MIlli?
    E’ una vita che su questo blog te lo dicono tutti datti una mossa esci da quella palude, da questa trappola del PD o combatti sul serio altro che comitati Cuperlo!!!
    A volte caro remo, mi viene il “sospetto che tu sia pagato da Mauro per fare LA PARTE dei PDDINI!
    Che poi D’Alema dica che lui non è dirigente PD in Italia ma è nel gruppo dirigente del PSE in europa, è una palese dimostrazione della sua spocchia……….. ma “un bel tacer non fù mai scritto” mai? ma Basta!
    Claudio perché MDA è così velenoso?
    In fondo con più paraculaggine VELTRONI con la sua solita paraculaggine si schiera con Renzi e gira un documentario su Berlinguer dopo aver detto che lui non era mai stato comunista!
    Ma che vada a F… C….
    Almeno Prodi fà il bel gesto e dice basta prese per i fondelli, saranno solo questioni di potere ma insomma…………
    e intanto continua la sceneggiata sul porcellum…………..

  13. Giovanni Says:

    Mauro,il 3% e il 60% non sono un tabù ma i parametri economici che costituiscono i denominatori di una frazione dove il numeratore e’ il Pil di ciascun paese della comunità europea
    Noi dobbiamo prioritariamente affrontare il problema del destino del numeratore
    Finché non affrontiamo questo problema economico,sociale e culturale saremo destinati ad avere sempre le pezze al culo
    Certo,per riformare la baracca ci vorrebbero le ghigliottine francesi dirai e allora per il momento meglio agire sul denominatore:5-7 9%
    Ma alla lunga il sistema non tiene perché la spesa non può essere alimentato da nuovo debito con una “crisi fiscale”alle porte
    Questo elementare dato di realtà e’ stato affrontato negli ultimi due anni dal 99%delle famiglie italiane che hanno operato tagli drastici alla qualità della spesa?Meno abbigliamento,meno parrucchiere,meno ferie,meno fitness in palestra,meno ristorante ,ecc.
    Possibile che gli italiani non riescano ad ottenere dai poteri marci alcuna rinuncia alla loro enorme avidità

  14. Remo Tedeschi Says:

    D’accordo con Mauro e Giovanni, sui tagli alla spesa pubblica ,a partire ovviamente da privilegi da vergogna, quale esecutivo ha la forza anche morale per redistribuire le risorse? l’unico governo sarebbe PD e 5st e altri di sx, è possibile? non credo, allora?
    Forse, addirittura bisogna ridimensionare la corte costituzionale , sta bloccando anche ipotesi di contributi di solidarietà, sembrano folli
    alla faccia di Rodotà (sulla costituzione), comunque la “Salvezza” passa solo con uno scontro sociale notevole, purtroppo, i privilegi certa gente li difenderà all’ultimo sangue, poi,. caso mai l’Europa li difende , poi vuole il rispetto dei vincoli!
    L’Europa ? non è capace nemmeno di intervenire sui paradisi fiscali europei ,almeno 5 stati sono delle cassaforti delinquenziali, non sono convinto del bisogno d’Europa, faccio una domanda ..ma si stava così male prima della Comunità?
    Le palle d’acciaio,potrebbero essere delle protesi.
    ps
    Gianni ………. grande

  15. mauro zani Says:

    Vediamo d’intenderci io non parlo di deficit, ma di debito. Ora senza un aumento del PIl il debito sarà sempre molto distante dalla media europea che tuttavia è al 92%. Se la priorità diventa (a bocce ferme cioè entro i parametri dettati da Maastricht) solo e unilateralmente il debito allora è semplicemente impossibile a meno di non vendere l’Italia, raggiungere nel 2020 quel 60%. Ma neppure nel 2040. Perciò a me la priorità assoluta sembra quella di aumentare il PIL.
    Quanto al rapporto deficit /Pil vale la stessa regola se vuoi stare entro il 3% devi comunque aumentare il denominatore. Altrimenti te la giochi sempre sul filo di uno 0’1 in più o in meno.
    Questo ripeto a bocce ferme. Personalmente le metterei un pochino in movimento chiarendo che il Re è del tutto nudo e che dunque tanto vale rivedere quei parametri fissati ormai in un’epoca lontana e che non rispecchiano più , (se mai l’hanno rispecchiata in origine) la situazione di crisi attuale. Tutto ciò al netto non di una drastica riduzione della spesa pubblica (vedi altri paesi dell’UE) ma di un suo contenimento dinamico che ne presuppone un’ intelligente riqualificazione. E qui gli esempi si sprecano. Vale la pena solo d’aggiungere che un governo di larghe intese non potrà mai ottenere risultati su quest’ultimo versante.

  16. Giovanni Says:

    Ci intendiamo alla perfezione se consideriamo che l’aumento del Pil di per sé non significa aumento della ricchezza in modo diffuso ovvero ridistribuzione della ricchezza e,,soprattutto,,non significa aumento dell’occupazione
    Questi fattori sono il cuore della politica economica di un governo.
    Se manca un governo in grado di attuare politiche di crescita dell’economia reale,dell’occupazione e della redistribuzione della ricchezza, operando tagli drastici ai centri di spesa inefficienti e improduttivi,trovo assai deleterio la produzione di “nuovo debito”
    Insomma la macroeconomia senza il governo democratico dell’economia ,porta soltanto nuove imposte ,impoverisce il paese e gratifica una piccola percentuale di grandi ricchi
    La ripresa americana,alimentata mensilmente da enormi stok di debito,non ha migliorato di un granché la condizione degli operai e del ceto medio,che sono ancora in forte decrescita.
    I benefici sono andati tutti alle multinazionali ed ai ricchi americani.
    In sostanza in america cè stato un travaso di denaro dalla Banca centrale,che stampa debito, alle multinazionali.Google,Apple,Exxon e compagnaia cantando,oggi come oggi, detengono liquidità per migliaia di miliardi di dollari
    Per non parlare dei fondi d’investimento
    Per ripartire,qualsiasi struttura produttiva deve mettere i conti in ordine.L’Italia per ragioni politiche ,vecchie e nuove ,siamo d’accordo, non é in grado nè di operare tagli selettivi,né di costruire politiche economiche all’altezza dei problemi.E per tale ragione che é stata ingabbiata con il fiscal compact.
    E ,personalmente. sono d’accordo con la gabbia finché le cose non cambiano

  17. mauro zani Says:

    Sì vabbè ma non spostare sempre avanti il target.
    Lo so , è arcinota la composizione del Pil etc….Tutto vero , compresa la necessità/obiettivo della redistribuzione e via discorrendo.
    Resta che il proverbiale serpente si morde la proverbiale coda.
    La gabbia non consente manovra alcuna.
    Dunque io sono per forzarla se non romperla.

  18. Giovanni Says:

    A voler rompere la gabbia sono davvero in tanti.
    In testa ci sono gli americani che da ultimo si sono eretti a paladini degli europei del mediterraneo,dopo aver tentato di schiantare la Moneta Unica
    La partita,forse,e’più grande,molto più grande di come la immaginiamo noi
    Si tratta di decidere se l’Italia e’soltanto un mercato o una società che (ri)progetta e (ri)costruisce il suo futuro
    In conclusione io sono per ripulire l’ambiente dalla “gentaglia”che succhia il sangue del paese
    Mauro,lo vogliono quasi tutti

  19. mauro zani Says:

    Che ti devo dire Giovanni: fatemi commissario politico e faccio piazza pulita…..

  20. Giovanni Says:

    Mauro,non è che poi domani ci ripensi?

  21. Diego Says:

    Allego qui un articolo credo interessante a proposito della spesa pubblica e della qualità degli investimenti.IL VERO SPREAD
    Colpa delle istituzioni la decrescita infelice italiana
    Gli investimenti in percentuale del Pil sono in media con l’Eurozona ma non producono crescita
    Beppe Russo*

    29/10/2013

    L’enigma della decrescita italiana
    IN BREVE

    HIGHLIGHT

    LEGGI DOPO
    STAMPA
    INVIA AD
    UN AMICO
    137 39 4 COMMENTI 6
    PAROLE CHIAVE: Pil / burocrazia / finanziaria / decrescita
    ARGOMENTI: istituzioni finanziarie
    180
    137
    39
    4
    I modelli della crescita e della decrescita non hanno le stesse variabili. La maggiore questione italiana non è il deficit pubblico, ma la crescita. O, se si vuole, la decrescita, essendo riconosciuta la sua natura strutturale e non congiunturale (definiremmo congiunturale una deviazione di traiettoria temporanea e riassorbibile). Le spiegazioni tradizionali della decrescita sono tratte dalle teoria dello sviluppo. La storia è più o meno questa: la crescita è il frutto dell’accumulazione di risorse che, in luogo di essere destinate al consumo, sono accantonate (risparmio) e destinate (investite) a riprodurre altre e maggiori risorse. Risparmio, investimento e progresso tecnico (innovazione) sono i motori della crescita. Quindi, si potrebbe dire che meno risparmio, meno investimenti e scarsa innovazione generano decrescita.

    LEGGI ANCHE
    La decrescita? La scoprirono negli Usa 40 anni fa
    Alessandro Marzo Magno
    L’Italia investe la stessa percentuale del Pil dell’eurozona, e più di Israele. La decrescita che diventa declino quando si prolunga non si avvale ahimé degli stessi motori della crescita, semplicemente invertiti. Perché, se così fosse, la decrescita italiana ossia il divario tra l’andamento del reddito per abitante italiano ed europeo sarebbe determinato, in primo luogo, da un tasso di investimento più basso. Non è così: come si vede dalla figura 1 il contributo alla accumulazione di capitale, ossia l’investimento fisso lordo dell’economia italiana vis-a-vis l’economia dell’eurozona è più o meno sovrapponibile. E’ diminuito un po’ da quando è iniziata la fase acuta della crisi (post-Lehman), come quello europeo, ma con esiti inferiori. Inoltre, non si può dire che i paesi ad alta crescita (come Israele) destinino agli investimenti più risorse dell’Europa e più risorse dell’Italia. La parola adesso ai numeri.

    L’eurozona nel 2011 ha destinato il 19,2 per cento del Pil all’investimento; Israele il 18,7 per cento. L’Italia batte tutti con il 19,6 per cento. La decrescita non deriva pertanto dalla mancanza di investimenti, che sono in linea con quelli europei e maggiori di quelli di Israele. La decrescita deriva allora da ciò che non producono questi investimenti, a causa del contesto in cui sono realizzati. In altri parole deriva dai costi di transazioni, quindi dalle istituzioni che ci siamo dati. Gli italiani infatti non possono essere geneticamente predisposti alla decrescita, perché tra il 1950 e il 1987 avevano sviluppato la quinta industria mondiale. Né ci sono popoli predisposti geneticamente alla decrescita.
    Quando si cambiano le istituzioni, cambia il tasso di sviluppo, come dimostra il caso dei paesi ex-socialisti. Se vi fossero nazioni predisposte alla decrescita, o se le istituzioni non contassero, allora le economie pianificate ex-socialiste, successivamente integrate in Europa e che sono passate da sistemi legali che non riconoscevano i diritti di proprietà a sistemi liberali avrebbero continuato a godere di un modesto reddito per abitante. Invece questo è confutato. La parola di nuovo ai numeri. Nella figura 2 si vede che il reddito per abitante (aggiustato per l’inflazione e per il potere di acquisto) più alto tra i paesi europei è quello tedesco. I tedeschi godono di un reddito di 35.000 dollari (del 2005 a PPP), cresciuto di 8.000 dollari dal 1991, ossia dalla caduta del muro di Berlino e dall’introduzione dell’economia di mercato nei paesi ex-socialisti.

    Nello stesso periodo, i cechi sono passati da 14.000 a 24.000 dollari (recuperando quindi sulla distanza dai primi della classe). Attualmente i cechi hanno un reddito per abitante di soli 2.000 dollari differente da quello italiano. Siamo lì. Gli ungheresi sono solo a 17.000, e siccome partivano da 12.000, hanno recuperato solo 5.000 dollari in 12 anni. Gli ungheresi non hanno mai realmente riformato la loro spesa pubblica e pagano questa mancanza. I polacchi sono i più sorprendenti, passati da 7.000 a 18.000, ossia hanno recuperato 11.000 dollari di distanza dal benessere dei tedeschi e sono cresciuti del 160%. In generale, il cambiamento istituzionale ha determinato (insieme alle condizioni materiali) la crescita nei paesi ex socialisti.
    La parabola del reddito pro capite italiano che parte dagli anni novanta. E l’Italia? Gli italiani nello stesso periodo sono passati da 24.000 a 26.000 dollari, compiendo una parabola che passa per un picco a 29.000. Ma la parabola degli italiani è assai più evidente se si misura il reddito per abitante in percentuale del “first in class” ossia in percentuale della Germania (figura 3). Siamo passati in appena 11 anni dal 90 per cento al 76 per cento del reddito medio dei tedeschi e – non ho le prove ma le sto cercando – con una distribuzione del reddito peggiore. Basta vedere il differenziale dei tassi di disoccupazione (il 12,2 per cento in Italia contro il 5,3 per cento in Germania).

    La parabola italiana peraltro spicca al confronto con il catching up delle altre economie. Magia? No. Non vi sono popoli che, sussistendone le condizioni materiali (ossia capacità di accumulazione), non si sviluppino, se dotati di corrette istituzioni economiche. In altri termini, nessuno per fortuna è condannato al sottosviluppo o alla decrescita. Così come la crescita e il catching up dei paesi ex socialisti è scaturita dal cambiamento delle istituzioni, l’Italia dal 1992 in poi si è data modificazioni istituzionali che nello stesso periodo hanno mortificato la produttività degli investimenti. Non è questione di quanto si investe, ma di come e dove. Uno dei compiti delle istituzioni è minimizzare i costi di transazione del mercato. Ossia facilitare per quanto possibile gli scambi, la produzione e il commercio. Questo difficilmente si può sostenere che sia stato fatto. E in ogni caso meno di quanto sia stato fatto all’estero. Va da se che la definizione di istituzione qui sia la più larga possibile, ossia vada dal sistema legale a quello burocratico fino alle abitudini di comportamento.
    L’italia è un caso da regulation review. Per concludere, oltre alla spending review l’Italia è un caso da “regulation review”, per decidere non solo di cambiare, ma qualche volta anche semplicemente di sopprimere (o sospendere) leggi e norme aggiunte dopo il 1990 e che hanno aumentato i costi di transazione del mercato; se, in altri termini, con una regulation review si riuscisse a incidere sul numero dei procedimenti amministrativi, sul numero dei centri di spesa, sul numero dei livelli di decisione, sul numero dei livelli di governo, è verosimile che insieme ai costi di transazione per il mercato si ridurrebbe anche la spesa pubblica, ossia si darebbe una mano alla stabilità finanziaria, anche in vista dell’imminente fiscal compact.
    Il punto debole del ragionamento è che poche istituzioni si cambiano da sole. Tutte, in ogni caso, lo fanno al prezzo di resistenze, quindi il processo di cambiamento non è facile, né veloce, né probabile. La recessione da una mano, nel senso che i vincoli di bilancio rendono obbligatori molti cambiamenti, ma a guidarlo non può che essere la classe dirigente, che deve prendere atto che senza cambiare le istituzioni l’economia non crescerà più e alla lunga anche la stessa permanenza nell’Unione europea potrebbe essere messa in difficoltà.

    *economista e fondatore di Sep ricerche
    Contenuto originariamente pubblicato su bepperusso.alteravista.org

  22. Giovanni Says:

    Caro Diego,ti ringrazio per il tuo chiarissimo contributo

Scrivi una risposta a Giovanni Cancella risposta