tecnici e populisti

Con l’arrivo del maltempo è giunta alla fine un’estate in cui si sono rincorsi vertici europei, immancabilmente definiti dai media come decisivi per le sorti dell’euro.
In verità si trattava solo di intrattenere il pubblico in attesa della decisione della Corte tedesca.

Adesso Draghi avrà a disposizione il suo bazooka per radere al suolo la speculazione, c’informano col massimo d’enfasi gli organi di stampa e d’informazione.

Sicuro.

Intanto la situazione peggiora sotto ogni profilo.

Di fronte ai dati relativi ad occupazione, consumi, inflazione, produttività, esportazioni Monti tardivamente chiarisce che era tutto previsto.

Ma come, non lo sapevate?

Le misure prese dai tecnici davano per scontato il netto e rapido aggravamento della crisi economica e produttiva segnalata dal relativo, forte calo del PIL.

E questo dopo aver proclamato nei giorni immediatamente precedenti che la ripresa era alle porte.

Un triplo salto mortale.

La famosa luce in fondo al tunnel.

Qualcuno ha chiarito che forse è il treno che ci viene incontro.

Comunque con la potenza di fuoco che da Karlsruhe è messa a disposizione del governatore della BCE siamo salvi.

In realtà anche ad un profano come me risulta evidente che si tratta di poca roba.

Cinquecento miliardi di euri a disposizione di un aiuto condizionato, tanto di più con l’ entrata in campo dell’FMI la cui micidiale efficacia nel ridurre alla canna del gas paesi già poverissimi è storicamente e statisticamente comprovata da un’ormai lunga esperienza.

Bisogna comunque richiederlo un tal aiuto e passare così , sotto le forche caudine della solita troika, sottoponendosi ad una sorveglianza trimestrale sulla cui base si terrà , eventualmente, aperta la borsa del fondo seppur nei limiti fissati dalla Corte di Germania.

Ma intanto lo spread cala grazie alla decisione della BCE di non porre limiti quantitativi (unlimited) all’acquisto di titoli sul mercato secondario.

Forse si salva la moneta unica, si tratta di vedere se si salva anche l’Europa insieme ai suoi cittadini.

La crisi dell’euro con il nuovo fondo salva stati (ESM) come nota Bastasin viene scaricata solo sui paesi attaccati dai mercati e “ l’intervento della BCE riduce il rischio euro ma aumenta la pressione politica sui paesi più deboli”.

Morale la spagna dovrà richiedere la sanguinosa assistenza della troika e l’Italia per non incorrere nell’aiuto fraterno, di sovietica memoria, si troverà a dover svolgere un altro durissimo turno di compiti a casa tale da metterla in mutande a tempo indeterminato.

Almeno un decennio, ad occhio e croce.

Da qui l’esternazione montiana sull’inevitabilità della recessione in atto.

Insomma devi solo decidere di che morte morire.

O continui autonomamente ad insaponare il cappio per il volontario suicidio , oppure vieni schiacciato dai tanks della Troika.

Non pare una grande alternativa.

Forse perciò il capo del governo italiano convoca a Roma un vertice politico-ideologico sui movimenti populisti europei.

Sì, perché si tratta di studiare a fondo il fenomeno.
Dicono.

O ,più probabilmente, s’avverte l’esigenza di enfatizzare il pericolo. Far leva su di esso. Agitare il nuovo spettro che s’aggira per l’Europa al fine di accreditare sempre più che la sola difesa è la tecnocrazia: il governo dei tecnici o, per il futuro, un suo compiacente surrogato.
Non a caso Monti, proprio oggi, smentendo sé stesso, c’informa che non ha ancora pensato al suo destino politico. Come dire che ci sta pensando.

A parte ciò è evidentemente ben chiara la causa prima dello sviluppo di opinioni e movimenti populisti di destra o di sinistra, dato che essa risiede essenzialmente nella risposta tecnocratica che si è voluto dare all’impasse della politica.
Una politica che ormai ovunque è almeno concausa del fenomeno populista data la sua colpevole latitanza nel rilanciare un progetto democratico per l’Europa.

In questo vuoto torna utile far di tutta l’erba un fascio accomunando i fascisti ungheresi, i piraten tedeschi e i grillini italiani.

Certo tutti hanno un comune bersaglio: una tecnocrazia europea che se un tempo ebbe l’indubbio il merito(collegato alla volontà di promuovere sé stessa) di sospingere la politica ad assumere dimensione europea, oggi si è ormai del tutto emancipata dal progetto democratico al punto da cambiar di spalla al fucile e rivolgerlo, di fatto, contro l’idea di un’Europa federale.

Il risultato è l’emergere di nuovi e aggressivi nazionalismi e localismi nel momento in cui l’obiettivo dominante non è rivolto alla costruzione politica dell’Europa bensì alla salvezza della moneta unica come condizione di un mercato unico europeo che da strumento d’integrazione ,non solo economica, diviene feticcio ideologico, nuova frontiera per una società europea che getta alle ortiche ogni impulso solidale e ambizione sociale.

Fateci caso, il modello sociale europeo è del tutto espunto dalla dialettica politica. L’unione bancaria, ai tecnici al comando, basta e avanza

Agitare il pericolo del populismo, dopo aver agitato a dismisura quello della “rottura” dell’Euro serve esattamente allo scopo di completare il passaggio verso un’Europa liberista concludendo, una volta per tutte, il dibattito pubblico sul cosiddetto “deficit di democrazia” che ha contraddistinto un lungo e contrastato periodo della politica europea.

La politica, succube della morte delle ideologie, ha ormai ceduto tutte le proprie armi. A partire dalla sua funzione storica di “guida del popolo” , di avanguardia consapevole, di sollecitazione critica, di incessante e utile pedagogia su intellegibili e mobilitanti idee-forza entro un disegno generale di tipo universalistico.

Anche in Italia a Bersani e al suo partito democratico non resta così che proporsi, contraddittoriamente, come continuatori e al tempo stesso pallidi correttori del governo dei tecnici , tipo : “un pochino di lavoro e di diritti in più”.

In buona sostanza il futuro governo Bersani promette d’essere un “pochino” meglio, come un pochino meglio appaiono ancora le varie e diverse forze della socialdemocrazia europea.

Troppo pochino, direi per distinguersi in un panorama politico desertificato dalla tecnocrazia e dai relativi potenti interessi materiali che la sospingono.

Pochino davvero, per allestire uno sbarramento sufficiente a contenere le spinte populistiche.

Pochino anche per farsi votare nella primavera del 2013 quando sarà chiaro a tutti che siamo solo all’inizio di una crisi economica e sociale letteralmente devastante.

A quel punto anche l’ambizione, seppur ridotta, di Bersani a cooptare (in un modo o in un altro)Monti nel suo governo semi-politico ai fini di dotarsi della ormai indispensabile legittimità tecnocratica si scontrerà contro l’imperativo della salvezza nazionale.

E l’embrassons nous contro i populisti risulterà letale.

6 Risposte to “tecnici e populisti”

  1. Giovanni Says:

    Caro Mauro,mi sembra di capire che tu prevedi l’uscita dal tunnel fra dieci anni.
    Il problema a mio avviso e che oggi non vi è alcun elemeno o dato su cui fondare una previsione positiva.Ognuno di noi in realtà assiste giorno per giorno all’aggravarsi di una crisi per molti versi irreversibile.
    Parlo dell’economia reale.Sono ormai migliaia le strutture produttive che hanno cessato di esistere dall’ascesa del “governo dei tecnocrati e burocrati”
    Non parlo delle aziende notoriamente decotte come l’Alcoa,Sulcis e Fiat.Parlo delle piccole e medie aziende vive e vegete che chiudono perchè non riescono più ad allocare i portafogli ordini presso il sistema credizio italiano ormai alla canna del gas.
    Le Banche italiane “privatizzate” non hanno più soldi per il sistema produttivo sano che ancora “tira”
    I compari di sempre si sono prestati i soldi intramoenia.cosicchè tutto é incagliato
    Chiudono le aziende e i lavoratori escono dal ciclo produttivo, Diminuiscono i profitti,i redditi e le rendite.Le conseguenze sono devastanti.
    Per la prima volta dal dopoguerra anche i professionisti ed i commerciarti soffrono.Questa volta possiamo dire davvero che la crisi colpisce tutti
    Persino chi ha i forzieri pieni ha una terribile paura del futuro.Si sentono discorsi davvero irrazionali.Quelli che cantavano a squarciagola tacciono ammutoliti
    .Dunque crisi reale e di fiducia.Una miscela esplosiva.
    Io, Mauro,non vedo un tunnel …vedo un baratro!!
    Questa fosca previsione potrà essere smentita a fine giugno 2013 Se a quella data avremo totalizzato una perdita del Pil non superiore al 5%(Pil 2012 + 1°semestre 2013) ed una perdita 500.000 posti di lavoro,vi sarà qualche speranza per un governo con le palle per iniziare un lungo percorso.Diversamente il declino diventera una parabola discendente.
    In fin dei conti una crisi finanziaria altro non è che la prova numerica della mala gestio

  2. mauro zani Says:

    Caro Giovanni, il problema è se la mala gestio può esser affrontata in tempi e in modi umani. Al punto in cui si è giunti credo proprio di no. Ergo l’eredità delle gestioni passate non può esser scaricata sul presente e sul futuro. Va affrontata con mezzi straordinari.E ciò potrebbe esser fatto solo in un contesto europeo. Tra mutualizzazione di una partre del debito e consolidamento di un’altra parte ad esempio, anche fornendo le granzie patrimoniali di cui l’Italia è pur sempre ricca. Insomma in modo esattamente contrario alle decisioni attuali che non possono esser attuate in alcun modo. Nessuno al mondo è in grado di portarci a ripagare da qui al 2020 la parte del debito eccedente il 60% del Pil. E’ una cosa che non esiste.Dunque va cercata un’altra strada senza assolvere nessuno per il passato ma fornendo una prospettiva credibile che resta la condizione necessaria per organizzare un impegno nazionale all’altezza della crisi in atto.

  3. Giovanni Says:

    Caro Mauro non ho mai pensato che si possa abbattere il debito pubblico del 60% entro il 2020 .Si tratta evidentemente per tutti gli uomini sani di mente di una misura e di un termine diciamo “programmatico”.
    Un debito pubblico del 90% entro il 2020 sarebbe un risultato a dir poco prodigioso con il pil calante ed i tassi di servizio del debito che non tornerànno presto nei livelli pre crisi.
    Il problema é un’altro :come evitare la distruzione del sistema produttivo italiano.Perchè di questo stiamo parlando
    C”è tra i tanti candidati a governare l’italia qualcuno disposto a nazionalizzare i primi cinque istituti di credito del paese mediante una forte ricapitalizzazione del sistema?
    C’è un candidato pronto a tagliare in una sola notte 100 miliardi di spesa pubblica non necessaria alla collettività
    C’è un candidato pronto a “ridurre” le istituzioni per restituire credibilibilita ed efficienza all’azione ed al modo di essere della politica:parlo della soppressione del bicameralismo della soppressione del Cnel(la stagrande maggioranza dei cittadini non sa neppure che esiste) della soppressione del tar della corte dei conti,cioe della unificazione della giurisdizione
    C’é un candidato pronto a varare una legge contro la corruzione che prevede la confisca dei beni al corrotto ed al corruttore.
    C’é un candidato a prevedere nella carta costituzionale un trattamento pensionistico co un limite massimo di 5000 Euro
    C’è un candidato pronto a varare una legge che vieti l’affidamento di incarichi e consulenze di sorta a funzionari pubblici in pensione.
    Insomma c’è qualcuno pronto a porre le premesse minime per un nuovo inizio ?
    Con un sistema “marcio” come quello italiano non si va da nessuna parte.Su questo i populisti hanno ragione da vendere
    Parimenti se vogliamo mutualizzare qualcosa con i nostri partners europei non possiamo lasciare le cose come stanno.A nessuno piace essere infettato

  4. mauro zani Says:

    Se ci fosse un candidato così lo voterei. Con tutt’e due le mani.

  5. Roberto Says:

    Giovanni ha ragione.
    Qualche giorno fa sono stato nella sede dell’INAIL di viale Gramsci a Bologna.
    Ho così scoperto che l’istituto non è più proprietario dell’immobile in cui hanno sede i suoi uffici, mentre gli è rimasta la proprietà di alcuni appartamenti facenti parte dello stesso complesso.
    La vendita degli uffici è stata fatta da Tremonti non so con quale SCIP, e gli appartamenti sono rimasti fuori perchè di meno facile collocazione (affitti bassi, sfratti, contenziosi inevitabili ecc.).
    Il compratore ha sottoscritto contestualmente un contratto d’affitto con l’INAIL, di importo (presumo) pressochè pari alla rata del mutuo acceso con le banche.
    Il risultato è che a parte la perdita di patrimonio (i soldi ricavati non ci sono certamente più, al massimo suno una riga nel bilancio), non è possibile adeguare gli spazi degli uffici all’effettiva esigenza, lasciando per una ventina d’anni un rapporto persone/superficie fortemente sbilanciato, con i costi che ne conseguono.
    Stessa cosa è successa all’INPS, sempre in via Gramsci.
    Basterebbe un provvedimento legislativo ben fatto per consentire alla PA di disdettare contratti simili.
    Poi falliranno i vari Pirelli RE, Ligresti, Romeo ecc., ma già non stanno tanto bene.
    Su base nazionale, se qualcuno ha i dati, penso siano molti soldi.

  6. Giovanni Says:

    Leggo Gallino su Repubblica di oggi.Enumera i dati della produzione degli autoveicoli in Europa nel 2011 : Italia 0,8 milioni,Repubblica Ceka 1,2 ,UK 1,5 ,Francia 2,3 ,Spagna 2,4 ,Germania 6,3
    Si parla del 2011 ,un’era fa
    Nel 2013 ,probabilmente la produzione deli autoveicoli in Italia non superera’ 400.000 unita’
    Si puo’ salvare qualcosa dalle mani dei “rottamatori dell’industria italiana?
    Penso che sia possible con la nazionalizzazione dell’Alfa Romeo.
    Il prezzo e’abordabile anche per le casse dell Stato italiano :100 milioni
    Ricordate?Prodigius vendette alla Fiat l’Alfa per 200 miliardi,lira piu lira meno.La Ford aveva fatto un’offerta pari ad un multiplo di 25 e cioe’ 5000 miliardi Ma la Fiat non voleva concorrenza in Italia e percio’ il “tecnocrate della mortadella” vendette a rate alla Fiat.
    E pensare che in questo paese di m….. ,qualcuno vuole Prodi al Quirinale

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